Anziani (e non solo) senza vitamina D3

Il Consiglio di Stato ha risposto all’interpellanza n. 526 del segretario VPOD Raoul Ghisletta sul problema della carenza di vitamina D nella popolazione. È un problema che interessa gli anziani, ma non solo. Occorre maggiore informazione per promuovere un’alimentazione equilibrata e ricca di vitamina D3. Pubblichiamo la parte più interessante della risposta.

(...) La problematica della carenza di vitamina D è fatto noto, soprattutto nella popolazione anziana o con altre comorbidità. Non a caso é un elemento classico che viene ricercato attivamente, sia sotto il profilo dell’anamnesi che sotto il profilo dell’analisi di laboratorio: laddove viene riscontrata una carenza, viene introdotta una terapia sostitutiva. Spesso tuttavia il problema legato alla vitamina D, non è legato alla carenza, ma al metabolismo. E quindi più opportuno sostituire la carenza direttamente con la vitamina D3, che è sostanzialmente quella che poi il corpo usa.

In aggiunta a quanto sopra, preme informare che Ia vitamina D fa parte delle vitamine cosiddette “liposolubili’, ossia che si accumulano nel corpo in caso di somministrazione in dosaggio sovra terapeutico. Essa non è quindi come, ad esempio, la vitamina C che in caso di dose eccessiva viene eliminata per via renale tramite l’urina.

Resta pertanto fondamentale ribadire che, come sempre in medicina, una terapia viene somministrata laddove vi è evidenza della sua utilità e la certezza in merito alla sua sicurezza; vale sempre il principio del “Per prima cosa non nuocere!” (primum nihil nocere!), che solitamente è uno dei principi in

segnati per primo in medicine (e non solo), in quanto pilastro cardine e ap- plicabile quotidianamente, e in Ogni circostanza di vita.

A livello di letteratura scientifica in- ternazionale è fatto noto che la vita- mina D giochi un ruolo importante, oltre che nel metabolismo delle ossa, anche in ambito immunologico ad esempio per le infezioni respiratorie e, infatti, vi sono vari studi scientifici in corso per appurare questi aspetti anche nell’ambito di una possibile cura per la COVID-19.

Tuttavia, gli studi fin qui pubblicati sono generalmente valutati come deboli, poiché viziati da bias (=fattori confondenti). Si ritiene infatti che il decorso più o meno grave di alcuni pazienti con e senza carenza di vitamina D, sia diverso non tanto per la carenza di vitamina D, quanto piuttosto perché presentano carenze generali e- un cattivo stato nutrizionale per il quale la vitamina D a volte non e altro che un marcatore, un segno.

Un supplemento non promette quindi da solo di influenzare lo stato di salute di questi soggetti. Ovvio che laddove una carenza è sospettata, evidenziata o una terapia sostitutiva e in corso, questa viene assicurata anche durante un ricovero per COVID- 19. Peraltro sono molte le situazioni in cui, soprattutto i medici geriatri o reumatologi, consigliano supplementi di vitamina D, soprattutto durante i mesi invernali, durante i quali l’esposizione solare è inferiore. Soprattutto la popolazione anziana è quindi già in gran parte a beneficio di tale sostituzione, anche e soprattutto in casa per anziani. In attesa di avere indicazioni chiare dagli studi specifici in corso, che potranno allora far propendere per una sostituzione a dosi elevate in tutti i cittadini, il supplemento con la vitamina D è implementato laddove vi sia sospetta carenza o necessita di implementazione.