Licenziata per un bebé

Secondo un articolo parso recentemente sul Blick, in Svizzera una donna su dieci perde il proprio impiego dopo aver avuto un bambino. L’annuncio di una gravidanza è troppo spesso ancora allarmante e sinonimo di problematiche sul luogo di lavoro.

Un rapporto del Consiglio federale lo conferma : l’annuncio d’una gravidanza al proprio datore di lavoro non è sempre un lieto evento : 7% dei datori reagiscono annunciando il licenziamento della lavoratrice dalla fine del periodo di protezione e l’ 11% propone pure di mettere fine al rapporto di lavoro « di comune accordo », di modo a contornare le leggi per la protezione della donna incinta e in maternità. E questo non è che la punta dell’iceberg !

Durante tutta la gravidanza, il datore di lavoro dovrebbe dimostrare un’attenzione particolare per la collega in dolce attesa, informarla dei propri diritti e proteggere la sua salute. Se l’impiego di quest’ultima è particolarmente gravoso, deve trovarle un’occupazione alternativa o esentarla dal lavoro versandole l’80% del salario. La legge autorizza le donne incinte a non recarsi al lavoro o a lasciarlo senza preavviso qualora dovessero sentirsi male. Nella realtà però queste disposizioni sono poco applicate: l’ 80% delle donne incinte che si assenta dal lavoro lo fa con un certificato medico e questo comporta una riduzione del salario e crea spesso problematiche in quanto le indennità per la perdita di guadagno non riconoscono la gravidanza come una malattia.

Criticità prima, durante e dopo il congedo maternità
Il rapporto citato sopra evidenzia ugualmente il fatto che « eccetto la Svizzera, tutti i paesi dell’UE/AELS offrono alle donne incinte la possibilità di prendere parte del loro congedo maternità prima del parto ». Il congedo prenatale si giustifica pienamente : infatti 70% delle donne incinte smettono di lavorare due settimane prima del parto. L’assenza di una collega per maternità pesa sul lavoro del resto dei colleghi, soprattutto perché spesso i datori non sostituiscono temporaneamente la lavoratrice, anche se intascano l’80% del salario della collega assente… Inoltre, il congedo maternità svizzero di 14 settimane è uno dei più corti d’Europa: la durata media dei congedi per i genitori nei paesi dell’OCDE è di 54 settimane!Avuto il bambino, meno della metà delle donne riesce a poi riprende il lavoro già dopo 14-16 settimane. Molte prolungano il congedo fino a 24 settimane scalando vacanze/straordinari o prendendo un congedo non pagato. Di fronte alle difficoltà per conciliare famiglia e vita professionale, un terzo delle donne vuole rinunciare al proprio lavoro e la maggior parte riprende a percentuale ridotta.

Bisogna istituire un congedo parentale !
A livello europeo, uno studio ha dimostrato che quando una donna beneficia di un congedo remunerato di almeno 28 settimane, presenta un grado d’occupazione più elevato. Quindi l’introduzione d’un congedo parentale favorizzerebbe l’impiego delle donne. Durante il Congesso del 2008, la VPOD ha proposto un congedo maternità pagato di 6 mesi (per tener conto delle indicazioni dell’Organizzazione Mondiale della salute per l’allattamento) completato da un congedo parentale di un anno parzialmente indennizzato. Lo stesso congedo dovrebbe esistere anche in caso d’adozione, essere garantito anche alle coppie omossessuali, e dovrebbe essere poi completato da un congedo per l’accudimento dei propri cari.

Questo modello è molto interessante e raggruppa sia rivendicazioni sindacali che quelle presenti nel Manifesto per lo sciopero delle donne del prossimo 14 giugno. Purtroppo, il congedo parentale non rischia di progredire finché il Consiglio federale si piegherà a diktat economici, rifiutando pure la proposta di un congedo paternità di 4 settimane ! Rafforzare i congedi parentali è un modo di riconoscere il lavoro domestico ed educativo e visto che niente sembra muoversi, noi tutte* sciopereremo !

di Michela Bovolenta, segretariato centrale VPOD, traduzione Lorena Gianolli