Il decreto prevede il pareggio del conto economico del Canton Ticino entro il 2025, con delle misure prioritariamente di contenimento della spesa per il personale, per i beni e servizi e per quella cosiddetta di trasferimento. Che spese sono? I cittadini possono visionare di quali si tratta nel documento sui dati finanziari del Preventivo 2022 al sito del DFE. Tutti i numeri di conti cantonali dei settori 30, 31 e 36 citati nell’articolo di legge in votazione e più in specifico: i conti dal 300 al 309 per le spese del personale, per esempio, al DSS gli stipendi per le indennità degli stagiare, che sono i ragazzi in formazione; i conti dal 310 al 319 delle spese per beni e servizi, per esempio, al DECS il materiale scolastico e gli stampati per allievi; e i conti dal 360 al 369 per le spese di trasferimento, per esempio, le prestazioni speciali per i minorenni in istituto o in famiglie affidatarie. Se andrete a leggervi tali spese di tutti i Dipartimenti, capirete che vi rientrano quelle fondamentali per il cittadino. Per non parlare dei contributi a Comuni, Consorzi e altri Enti che rientrano anch’esse nelle spese di trasferimento.
Proporre in questo difficile momento storico un contenimento alla spesa è contro ogni elementare base di economia politica. È proprio nei momenti di crisi che lo Stato, che è l’organizzazione di una comunità, deve aiutare i cittadini e deve investire. Investire non significa soltanto costruire ponti, strade e grattacieli, significa anche investire nella formazione, aiutare i giovani a formarsi, così da non lasciare loro un debito di apprendimento che è ben peggiore per il loro futuro del tanto sventolato spauracchio del debito pubblico sulle prossime generazioni. L’economia non è una scienza esatta. Fior fiori di esperti disquisiscono sulle conseguenze del debito pubblico per uno Stato, e i loro pareri sono i più disparati. Ultimamente la peggior situazione che temono è la stagflazione, ovvero l’aumento dei prezzi e il freno all’economia, con importanti crisi sociali. Per non fare frenare l’economia è lo Stato che deve investire, e quando il potere di acquisto del cittadino è indebolito e non riesce a far fronte ai propri bisogni, è lo Stato che deve farsene carico. Lo dice la nostra Costituzione federale all’articolo 12. Diritto all’aiuto in situazioni di bisogno: chi è nel bisogno e non è in grado di provvedere a sé stesso ha diritto d’essere aiutato e assistito e di ricevere i mezzi indispensabili per un’esistenza dignitosa. Emeriti economisti sostengono che, se lo stato non si indebita per aiutare i cittadini, saranno quest’ultimi ad indebitarsi e allora la situazione sarà da capo e ben peggiore, facendo ristagnare l’economia. È un circolo vizioso.
Pertanto, voterò un convinto no al decreto che va a incidere pesantemente sulle spese sopra descritte, poiché in questo momento storico e di crisi un tale agire non può essere la priorità in nessun settore. Semmai, questo esercizio deve essere posticipato ad un momento più solido e stabile per i cittadini. Nel dopoguerra i nostri genitori e i nostri nonni hanno vissuto un’epoca di investimenti massicci per portare il Paese fuori da una situazione che per il Ticino era di estrema indigenza. Ieri c’è stata la pandemia, oggi la guerra in Ucraina, ma domani il Ticino attraverserà un’altra grande crisi se non si invertirà la tendenza in atto all’invecchiamento della popolazione. Ancora nel mese di febbraio vi sono state 340 morti e solo 201 nascite. Donne e bambini ucraini non saranno sufficienti per compensare questa tendenza. La politica odierna deve poter capire la situazione da qui a 20 anni e gli indicatori ci sono tutti. Poche nascite rispetto alle morti. L’invecchiamento di tutti i baby boomer con una percentuale di over 65 che oggi si attesta al 23% (molto più marcata rispetto al 18% a livello svizzero) e che raggiungerà il 30%.
Altro che frenare la spesa, semmai è necessario continuare a sostenere i cittadini affinché i giovani possano formarsi al meglio, affinché le nuove generazioni, invece di emigrare o limitarsi tra qualche anno sostenere i loro anziani genitori, pensino a metter su famiglia. Certamente quando è stata lanciata questa iniziativa eravamo appena fuori dalla pandemia e nessuno si aspettava questa guerra in Europa, gli aumenti così massicci dei prezzi e dei premi di cassa malati. Ma è proprio questa capacità di leggere il futuro dei giovani che si chiede ai politici del presente. E il futuro dei giovani ha bisogno di un No al decreto il 15!
Di Maura Mossi Nembrini, granconsigliera per Più Donne