Incoraggiare gli scambi linguistici
Una delle misure più efficaci per diffondere e radicare nel Paese una solida cultura degli scambi linguistici consiste nel promuovere soggiorni di lunga durata in un altro Cantone (o all’estero). Vivere un anno lontano da casa è un metodo di sicuro successo – particolarmente adatto ai giovani adulti - per capire e parlare speditamente una lingua diversa dall’italiano.
Scambi linguistici e mobilità da radicare decisamente nel mondo del lavoro, della cultura e del tempo libero. Anche gli apprendisti devono poter beneficiare concretamente di un’esperienza professionale di un anno intero in un altro Cantone, per conoscere altre tecniche, trovare nuovi sbocchi di lavoro. Lo stesso vale per chi segue una formazione continua. Fare un’esperienza fuori Cantone o all’estero è la soluzione ideale, ma è alla portata di tutti?
Per dare opportunità formative a tutti, studenti e apprendisti, è chiaro che bisogna agire parallelamente almeno su due fronti: da una parte, rendere i giovani consapevoli della necessità di conoscere le lingue e metterli in contatto con aziende disponibili ad accoglierli in tutta la Svizzera; dall’altra, bisogna mettere a disposizione delle risorse finanziarie, senza le quali non si fa un solo passo avanti.
La nuova base legale si muove appunto nelle due direzioni: per raggiungere studenti, apprendisti e insegnanti con offerte mirate, la nuova legge propone di istituire un servizio, che si chiamerà “Servizio mobilità e scambi”, pensato come centro di competenza per promuovere scambi linguistici in generale e stage (cfr. nuovo art. 71 Lsc).
Per regolare le questioni riguardanti il finanziamento delle rette degli allievi che partecipano a uno scambio, nuova base legale presenta tre misure promettenti, ossia: formalizza la gratuità della frequenza delle scuole pubbliche per gli allievi che la frequentano per un anno al massimo nell’ambito degli scambi individuali, introduce l’assegno di studio come aiuto al perfezionamento linguistico, e infine formalizza il diritto alla copertura di metà dei costi di alloggio, a condizione che lo scambio sia organizzato dal nuovo servizio.
Insegnamento bilingue nei licei
Infine, le altre modifiche della legge concernono la lingua di insegnamento nei licei, nelle scuole professionali e alla Commercio. Ricordo che la Legge della scuola del 1990 stabilisce che nella scuola pubblica “l’insegnamento è impartito in lingua italiana e nel rispetto della libertà di coscienza”, ma già oggi esistono nel post obbligo dei percorsi di insegnamento bilingue. Con la modifica della legge, sarà il CdS a autorizzare l’insegnamento di una materia in un’altra lingua. L’elaborazione del programma sul plurilinguismo sarà affidata al Consiglio di direzione degli istituti cantonali (ognuno nella propria sede) mentre al Collegio docenti spetterà la responsabilità di esprimersi su tale programma. Affidare questo delicato incarico alla base, che è la più competente, è la strada migliore per ottenere buoni risultati.
La questione dell’insegnamento bilingue ci porta nel cuore dell’annoso dibattito sull’insegnamento delle lingue straniere a scuola: quando cominciare? Come fare? Quali obiettivi si possono realisticamente raggiungere? Molto si fa già a partire dalla scuola dell’infanzia, con un primo approccio alle lingue ludico e informale, fino alle lezioni vere e proprie di francese, tedesco e inglese negli anni successivi.
L’insegnamento bilingue è anche un tema molto sentito sollevato da una iniziativa elaborata di Paolo Pamini (UDC), che chiede di cambiare la legge per permettere l’insegnamento in Ticino nelle quattro lingue (italiano, francese, tedesco e inglese) o combinazioni delle stesse. Con questo messaggio sul plurilinguismo il DECS ha dato una parziale risposta all’iniziativa, risposta che evidentemente soddisfa solo in parte il suo autore, ma in compenso solleva i sostenitori della scuola pubblica, che leggono nella proposta del DECS la volontà di trovare un giusto equilibrio nella gestione di due orientamenti della politica scolastica, contrapposti ma di uguale valore, ossia la spinta al plurilinguismo da una parte e la difesa dell’italianità dall’altra.
La salvaguardia dell’italiano
Sono in gioco principi importanti, fermamente radicati nella legge. Il Ticino non è un Cantone plurilingue, perciò la scelta del legislatore ticinese di imporre in tutte le scuole dell’obbligo cantonali, così come in quelle private, l’uso della lingua italiana quale lingua d’insegnamento, è stata compiuta nel rispetto del primo articolo della Costituzione cantonale (che recita: il Ticino “è una repubblica democratica di cultura e lingua italiane”) e nel rispetto del pubblico interesse. Certo, il plurilinguismo è un atout irrinunciabile nella formazione di oggi. Ugualmente irrinunciabile però è la conoscenza dell’italiano - materia centrale dell’apprendimento linguistico nonché strumento del pensiero. Non possiamo dare per scontata la competenza nella nostra lingua, neanche nel settore del post obbligo.
La salvaguardia dell’identità culturale è di interesse pubblico e la scuola è l’istituzione cardine di diffusione dell’identità culturale sul territorio. L’iniziativa di Paolo Pamini, in nome dell’economia, propone una forte liberalizzazione delle lingue d’insegnamento. Ma quali sarebbero le conseguenze sulle competenze nella propria lingua? Decurtare il numero di lezioni in italiano è compatibile con le necessità di formazione in ambito scientifico e umanistico? Su questi argomenti la Commissione formazione e cultura si è divisa, rimandando a un’altra occasione la discussione dell’iniziativa di Paolo Pamini.
Per il momento, ciò che conta per noi è l’aver ottenuto il sostegno di tutti i deputati per dare il via a un importante progetto sul potenziamento della mobilità e degli scambi linguistici a favore di studenti e apprendisti. Un progetto che il mondo della scuola stava aspettando.
Daniela Pugno Ghirlanda, granconsigliera e membra comitato docenti VPOD