La violenza di genere rappresenta una delle forme di violenza più diffuse al mondo che coinvolge individui, famiglie e intere comunità ed è frutto di dinamiche molto complesse. Ma spesso la violenza che coinvolge le donne migranti comporta una lettura del fenomeno ancora più articolata per via della vulnerabilità delle loro condizioni e del loro statuto.
“La violenza spinge spesso le donne migranti a partire, le accompagna durante tutto il loro tragitto e le attende a braccia aperte al loro arrivo” - così ha aperto la serata la moderatrice Priscilla De Lima Abbatiello, responsabile comunicazione per Comundo. A questo si aggiunge il fatto che il Diritto all’asilo è stato costruito attorno alla figura del migrante uomo. Sarebbe quindi necessario dedicare una specifica attenzione alle donne migranti, che se prive di un regolare contratto di lavoro, sono maggiormente esposte a fenomeni di sfruttamento, tratta e schiavitù.
Corinne Sala, direttrice della sede della Svizzera italiana di Comundo, ONG d’interscambio attiva in Africa e in America Latina, ha sottolineato il fatto che le donne partono da quei paesi soprattutto a causa delle discriminazioni e della violenza di genere. Il numero delle donne migranti è aumentato notevolmente: 50 anni fa a livello internazionale le donne rappresentavano solo il 2% dei migranti. Oggi siamo circa al 50%. Comundo agisce contro la violenza di genere internazionalmente e dal 2015 organizza un’azione di sensibilizzazione il 25 novembre con un’ottantina di panetterie, le quali quel giorno distribuiscono il pane venduto in sacchetti speciali, perché purtroppo la violenza è ancora il pane quotidiano per molte donne.
Mario Amato, direttore di SOS Ticino, ha parlato della situazione delle donne nella procedura d’asilo. Le loro procedure vengono sì esaminate sotto un’ottica di genere, ma vi sono dei fattori determinanti perché la domanda d’asilo possa venir accolta, per esempio si tiene conto dell’intensità della persecuzione subita. Inoltre, viene valutata anche la protezione prevista nel paese d’origine.
Rosemarie Weibel, avvocata e membra del FRI - Istituto svizzero per scienze giuridiche femministe e gender law, ha fatto notare come la Legge di ricongiungimento famigliare sia ingiusta per le donne in caso di violenza domestica. Infatti, per non vedersi negare il permesso di soggiorno, queste non possono reagire al primo schiaffo del marito, ma devono aspettare che la violenza coniugale diventi invivibile, perché gli uffici della migrazione ne tengano conto.
Infine ha preso parola Simona Lanzoni, vicepresidente della Fondazione Pangea Onlus e partecipante dal 2015 al Gruppo di lavoro di esperti sulla violenza contro le donne e la violenza domestica (GREVIO). Lanzoni ha parlato dell’importanza della Convenzione di Istanbul, sottoscritta da 47 paesi per definire in modo univoco la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica e per sviluppare delle procedure per prevenire e per contrastare la violenza subita dalle donne.