I messaggi veicolati dalle pubblicità plasmano comportamenti e desideri, alimentano le fantasie legittimandole. Pretendere che, pur nella libertà di commercio, le imprese mantengano un comportamento etico e socialmente sostenibile ci sembra il minimo. Se la responsabilità degli atti di violenza è di chi li commette, permettere che circolino messaggi e immagini violenti anche attraverso la rete per vendere prodotti o idee è complicità di quegli atti.
Il minimo è che il Cantone e il Comune di Lugano richiedano all'azienda di Philipp Plein di togliere qualunque immagine di omicidio sui propri siti e nei propri negozi.
Ricordiamo che la pubblicità di Dolce&Gabbana che rappresentava uno stupro di gruppo è stata condannata e fortemente criticata da diverse agenzie dell'ONU.
Lettera promossa da coordinamento donne della sinistra e donne USS nella serata su NO Violenza contro le donne: Dalla Convenzione di Istanbul ai progetti di lotta e prevenzione, 25 novembre 2018