Uno dei nodi più emblematici è ancora il divario salariale. Le donne in Svizzera guadagnano ancora in media il 16.2% (valore del 2022) in meno rispetto agli uomini e una parte di questa differenza non è giustificabile da fattori oggettivi come esperienza o ruolo. La persistenza di una cultura del segreto sui salari e l’assenza di misure vincolanti impediscono di affrontare realmente il problema. Emblematico è il rapporto di valutazione esterna sulla LPar, pubblicato il 7 marzo e commissionato dall’Ufficio federale di giustizia, che traccia un bilancio provvisorio allarmante dell’attuazione delle analisi sulla parità salariale nelle aziende svizzere.
A rendere il quadro ancora più allarmante è la questione della violenza e delle molestie sul lavoro. Nonostante la LPar vieti espressamente ogni forma di discriminazione e abuso, ancora molte donne continuano a subire soprusi senza la possibilità di ottenere giustizia. La paura di ripercussioni, l’ancora scarsità di strumenti di tutela efficaci e la cultura del silenzio rendono la legge poco più di un manifesto di buone intenzioni, privo di un impatto reale.
Anche la rappresentanza femminile nelle istituzioni e nei vertici aziendali rimane insoddisfacente. Nei ruoli decisionali chiave – nei governi cantonali, in quello federale, nei consigli di amministrazione, nelle direzioni delle grandi aziende – le donne continuano a essere una minoranza. Le quote di genere, spesso invocate come soluzione, non sono state adottate in modo sistematico e l’illusione che il mercato risolva spontaneamente queste disparità si è rivelata – prevedibilmente – fallace.
Infine, risulta problematica anche la persistente penalizzazione delle famiglie che desiderano conciliare lavoro e vita familiare. La Svizzera si distingue negativamente in Europa per l’assenza di un congedo parentale adeguato e per le lunghe liste d’attesa e il costo proibitivo dei servizi di cura per l’infanzia. Il risultato? Molte donne si vedono costrette a ridurre l’orario lavorativo o ad abbandonare il mercato del lavoro, subendo ripercussioni economiche a lungo termine e alimentando la loro dipendenza finanziaria.
Dopo trent’anni, è chiaro che la legge sulla parità, nella sua forma attuale, è insufficiente. Non basta vietare la discriminazione: servono misure stringenti, controlli effettivi e sanzioni esemplari. Senza un cambiamento strutturale, il rischio è che la Svizzera continui a celebrare un anniversario svuotato di significato, mentre la parità rimane, ancora una volta, una promessa disattesa.