La problematica era stata altresì sollevata da un gruppo di quasi una ventina di supplenti accompagnati dal Sindacato VPOD, i quali lo scorso 20 febbraio 2025 avevano scritto al Governo chiedendo appunto l’adozione di un regime transitorio a favore dei docenti più penalizzati. Al momento dell’assunzione e fino al 31 dicembre 2024, tenendo duro anche davanti ad acciacchi per continuare la supplenza, essi avevano infatti confidato in una stabilizzazione del rapporto d’impiego nel semestre successivo.
Di fronte alla stortura denunciata, che rappresenta solo l’aspetto manifestamente più penalizzante della soppressione della conversione delle supplenze in incarico dalla 17a settimana, il Governo appare gravosamente silente: un silenzio che ormai, oltre a lasciare presagire un rifiuto della richiesta di un regime transitorio, denota anche un’irriguardosa chiusura rispetto agli estensori della lettera aperta.
Numerose/i supplenti, seppur avendo di fatto ricoperto la funzione dei docenti titolari, dopo quasi sei mesi di incertezza finirebbero così per continuare a lavorare in una situazione di precarietà (nessuna copertura in caso di malattia, ecc.). Rimarchiamo che una simile inazione del Consiglio di Stato risulta a maggior ragione irresponsabile, considerate le ormai note difficoltà occupazionali che stanno sempre più colpendo i giovani docenti (sovente portati a ricorrere proprio alle supplenze).
Per quanto concerne la soluzione richiesta ai Comuni dal Sindacato VPOD, molti di essi non risultano toccati dal problema o non hanno ancora risposto. Ad oggi rileviamo comunque che, se da un lato il Municipio di Lugano ha purtroppo negato la trasformazione di 5 supplenze in incarichi, dall’altro quello di Mendrisio ha accolto la richiesta sindacale convertendo l’unica supplenza interessata in incarico.
A partire dalla battaglia in questione, il Sindacato VPOD ribadisce la necessità di trasformare le supplenze continuate in incarico nonché di rilanciare una riforma dello statuto precario dei supplenti, affinché venga riconosciuta la necessaria dignità professionale a questa categoria più svantaggiata.