Lavorare con Werner era un piacere. Ho condiviso diverse attività. La prima volta a livello del sindacato VPOD, a metà degli anni Settanta: lui era presidente del gruppo docenti e io del gruppo degli impiegati dello Stato. I due gruppi maggiori del sindacato. Ci siamo sostenuti a vicenda: d’un lato per migliorare la scuola e, d’altro lato, per riformare la cassa pensioni degli statali, ottenendo la migliore cassa pensioni della Svizzera. Poi le nostre strade si sono divise. Werner è stato eletto in Consiglio nazionale ed io sono stato eletto segretario della VPOD. I contatti comunque non mancarono, soprattutto a livello politico, un periodo assai movimentato. Nel 1999 siamo stati eletti in Gran Consiglio e abbiamo condiviso per dodici anni molte battaglie. L’anno successivo siamo stati tra i fondatori dell’Associazione per la difesa de servizio pubblico, di cui Werner è stato vicepresidente sin dall’inizio ed io segretario e poi presidente. Anni intensi.
In queste funzioni ci siamo occupati, qualche volta con successo, altre volte meno, delle misure di risparmio decise dal Consiglio di Stato sui dipendenti del Cantone e degli enti sussidiati, sugli utenti del servizio pubblico, in particolare del settore sociale, sanitario e amministrativo. Alcuni temi erano particolarmente importanti. Penso alla legge federale sulla liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica, caduta in votazione popolare; al tentativo di privatizzare l’Azienda elettrica ticinese (AET) e la Banca dello Stato; all’introduzione di un maggior controllo del Gran Consiglio su AET, i cui dirigenti privilegiavano le speculazioni all’estero alla garanzia per i cittadini e le aziende di disporre energia in modo sicuro e a prezzi ragionevoli. Sempre in campo energetico, alla riversione dei grandi impianti idroelettrici (OFIMA e OFIBLE), ossia al ricupero della proprietà e della gestione da parte del Cantone.
Con Werner avevamo un’intesa perfetta. Probabilmente perché eravamo animati dallo stesso spirito di solidarietà, giustizia, equità e della stessa immagine della democrazia. E di un principio fondamentale: prima i lavoratori e la qualità del servizio al cittadino. Poi tutto il resto. Non era necessario predefinire strategie o tatticismi. Ci si trovava comunque sempre in sintonia.
Poi a Werner fu proposto di assumere la presidenza dell’USS-Ticino e Moesa. E a me quella di vicepresidente. In queste funzioni abbiamo operato affinché i sindacati avessero un ruolo maggiore in campo politico, sociale ed economico. E affinché ci fosse maggiore collaborazione tra le Federazioni sindacali. La politica neoliberale, infatti, condotta da Confederazione e Cantoni, in atto dagli anni Novanta, era sempre imperante e necessitava di una forte risposta e un grande impegno da parte del movimento sindacale. Le proposte governative, malgrado gli avvicendamenti in seno alla compagine governativa erano sempre le stesse: sgravi fiscali per i detentori di altri redditi e di grandi patrimoni, dumping salariale, bassi salari, precarietà, attacchi alle pensioni e al potere di acquisto, tentativi di privatizzazioni. Non c’è stata tregua e Werner era sempre in prima fila.