Operatori sociosanitari sul piede di guerra

Da: Ivana Meneghin Ceretti, infermiera Carl OSC

Il personale sociosanitario oggi è chiamato a rispondere a molteplici mansioni. Il nostro lavoro è molto variato nell’arco della giornata. Ma il Consiglio di Stato non vuole riconoscere il valore della nostra funzione!

All’OSC ci occupiamo di persone molto fragili, a volte arrivano da noi utenti con problemi che permettono loro di rientrare sul territorio in un tempo relativamente breve, mentre a volte la malattia psichiatrica è talmente radicata che la persona purtroppo viene ricoverata spesso.

La malattia psichiatrica è la malattia più difficile, una malattia che invade la persona a tutti i livelli.

L’operatore sociale quindi si confronta con una presa a carico globale ed un impegno elevato.

Ci prendiamo cura dell’igiene, delle ansie, dei deliri, delle allucinazioni e dell’angoscia dei nostri utenti.

Lavoriamo cercando di utilizzare la parte sana dei nostri utenti e le loro risorse, per riuscire ad ottenere piccoli o grandi traguardi.

Il nostro lavoro è un continuo scambio con medici, psicologi, assistenti sociali e laboratori protetti, per prendere a carico la persona nella sua globalità.

La nostra interazione con i famigliari riveste un ruolo molto importante, specialmente quando ci si occupa di ragazzi, in quanto dobbiamo essere in grado di assumere il ruolo di mediatori. Le scuole ed i luoghi di apprendistato rivestono un punto di riferimento in cui l’operatore interviene per sostenere i ragazzi.

La relazione è la base del nostro lavoro, è lo strumento con cui possiamo aiutare l’altro.

Senza la possibilità di instaurare una buona relazione e ricostruire la storia della persona è difficile lavorare bene.

Purtroppo, sono ormai diversi anni che ci vediamo confrontati con una scarsità di personale ed una maggior burocratizzazione, questo sia all’interno dell’OSC che sul territorio.

Questa condizione non ci aiuta a svolgere bene il nostro lavoro, che abbiamo scelto e facciamo con passione.

Il nostro lavoro si basa sulla professionalità, il continuo mettersi in discussione, la possibilità di tenerci aggiornati e gli scambi tra le varie esperienze.

Tutto questo richiede tempo e personale.

Purtroppo, quanto descritto sopra non ci è riconosciuto dai vertici, vediamo infatti che anche la rivalutazione della classe è stata bocciata.

Siamo stanchi di dover solo dare, vogliamo il riconoscimento della nostra professionalità anche attraverso un riconoscimento economico.

Ci mobiliteremo per far sentire la nostra voce con il sostegno dei sindacati.