Terapia salvavita da riconoscere per il congedo “malattia grave”!

La Legge sull’ordinamento dei dipendenti dello Stato e dei docenti (art. 46. cpv. 1, lett. f) riconosce 10 giorni pagati all’anno ai dipendenti che si devono occupare di parenti stretti sofferenti di una malattia grave. La direttiva della Sezione risorse umane del marzo 2017 restringe però il concetto di “malattia grave” ai seguenti casi: “patologia che mette il paziente in un pericolo imminente di vita”, “un ricovero in un reparto di cure intensive”, “un’operazione ad alto rischio”.

Esplicitamente esclude “ogni malattia a decorso cronico, sia esso di origine tumorale o altro, ad eccezione di un acuto e grave peggioramento dello stato clinico tale da mettere il paziente in pericolo di vita”. Di conseguenza a inizio gennaio 2019 l’Amministrazione ha negato il congedo ad una dipendente, la cui madre è affetta da un tumore e che deve essere portata allo IOSI 3 volte al mese per visite e chemioterapia, senza le quali morirebbe perché il tumore progredirebbe rapidamente.

Ora l’art. 46 cpv. 1 lett. f legge non pare così preciso: semmai è l’Amministrazione cantonale che lo interpreta in modo estremamente restrittivo. Da nessuna parte nella legge sta infatti scritto che “avere una malattia grave” significa “essere in pericolo imminente di vita”: una malattia grave è anche quella che se non curata porta alla morte in alcuni mesi (“terapie salvavita”).

Pertanto il granconsigliere Raoul Ghisletta ha chiesto al Consiglio di Stato di considerare come malattia grave ai sensi dell’art. 46 cpv. 1 lett. f LORD anche la malattia che necessita di terapia salvavita, come per esempio l’emodialisi, la chemioterapia e il trattamento per soggetti affetti da HIV-AIDS.