I frontalieri in Ticino: problema o risorsa?

Da: Massimo Mantovani, sindacalista VPOD Ticino

Lo scorso 20 novembre a Lugano ha avuto luogo la presentazione del libro “I frontalieri in Europa” di Paolo Barcella, docente di storia contemporanea dell’Università di Bergamo, che inserisce il fenomeno del frontalierato in un ampio contesto storico, prendendo in considerazione il suo sviluppo, rispettivamente impatto, nel tempo e a livello transnazionale.

I relatori della serata, Christian Vitta (Consigliere di Stato responsabile del Dipartimento finanze economia), Fabio Losa (docente-ricercato del Centro competenze lavoro, welfare e società SUPSI), Vania Alleva (presidente nazionale del Sindacato UNIA) e Giuseppe Augurusa (responsabile nazionale della CGIL Frontalieri) hanno proposto le loro considerazioni, partendo dai loro rispettivi punti di osservazione.

Vania Alleva ha sottolineato la peculiarità del fenomeno a livello ticinese, il suo forte impatto sulla realtà sociale ed economica del Cantone: cosa che non si riscontra negli stessi termini a livello svizzero dove i frontalieri sono percepiti come una risorsa necessaria all’economia.

Fabio Losa ha dato conto di come il numero dei frontalieri sia aumentato e il loro impiego abbia impattato negli ultimi anni in settori del terziario, anche avanzato: prima dell’introduzione della libera circolazione dei lavoratori tra Svizzera e Unione europea la loro presenza era scarsa o nulla in questi ambiti ed ora il cambiamento sta avendo forti ripercussioni negative sui salari di alcune fasce di lavoratori residenti.

Giuseppe Augurusa ha sottolineato invece il contributo dato dai frontalieri all’economia di tutta la fascia di frontiera, anche se con l’avvento della libera circolazione i frontalieri non sono più solo i residenti in questa zona: ciò ha portato anche ad una concorrenza tra “vecchi” e “nuovi” frontalieri, cosa che ha anche contribuito ad un abbassamento dei salari, quando si è inserito nel tessuto economico un certo tipo di padronato senza scrupoli.

Quale ruolo dei CCL?
L’on. Christian Vitta ha sottolineato come i problemi nascono da fattori geografici e antropici specifici del nostro territorio. Mentre le altre regioni di frontiera in Francia e Germania non hanno realtà economiche e città più importanti di quelle svizzere loro vicine, il Ticino si trova incuneato nel mezzo della Lombardia che con i suoi 10 milioni di abitanti e il polo economico di Milano rappresentano l’area metropolitana di riferimento. Questo in vari periodi storici ha determinato influssi positivi sulla nostra economia e anche negli ultimi anni ha contribuito a creare posti di lavoro ed un aumento globale del PIL superiori alla media nazionale: però questo fenomeno positivo è controbilanciato dal fatto che si è generata anche una pressione sui salari, vista la situazione dei salari medi lombardi. La ricetta per uscire da questa situazione, secondo Christian Vitta, è la generalizzazione dei contratti collettivi di lavoro (CCL).

Il pubblico presente ha sottolineato però che i CCL non sono sufficienti a garantire la protezione dei salariati, se non si parte dalla definizione di un salario minimo che sia adeguato: infatti attualmente abbiamo alcuni CCL che prevedono salari minimi attorno ai 3000 CHF, addirittura con deroghe al ribasso rispetto al tenore di alcuni CCL nazionali. In conclusione la serata si è rivelata un momento di interessante approfondimento sul fenomeno del frontalierato, che dovrà continuare in altri momenti.