Lo sciopero generale di Lugano del luglio 1918

Da: Gabriele Rossi, storico della Fondazione Piero Pellegrini

Pubblichiamo un testo di sintesi del prof. Gabriele Rossi sullo straordinario sciopero generale di Lugano del luglio 1918, sostenuto dalla grande maggioranza della popolazione e dalla stampa. Lo sciopero di Lugano migliorò il rifornimento dei viveri in Ticino (obiettivo centrale dello sciopero generale), determinò la creazione di 40 contratti collettivi di lavoro (con aumenti salariali e riduzioni del tempo di lavoro) e rese molto forte la Camera del lavoro a Lugano. Gli scioperanti furono 1952, di cui ben 757 donne (sarte, cioccolataie). I cortei videro la partecipazione fino a 4’000 persone su una popolazione di 13’000 abitanti.

Gli ultimi mesi della Prima guerra mondiale furono uno dei periodi più duri per la popolazione svizzera, malgrado il fato che ad essa fossero stati risparmiati gli orrori dei combattimenti, delle cannonate e della prigionia. La Confederazione, come tutte le nazioni europee, si aspettava, nell'agosto del 1914, una guerra breve, di qualche settimana, qualche mese al più. Invece stava durando da anni e non si era provveduto a prepararsi adeguatamente: solo l'esercito era stato riorganizzato, ma non l'approvvigionamento del Paese. Mancavano ormai in misura grave gli alimenti di base, il carbone, alcune materie prime. L'organizzazione del razionamento lasciava a desiderare; molto meglio organizzati erano gli accaparratori e gli specialisti del mercato nero.

Per un buon quinto della popolazione svizzera si poteva tranquillamente parlare di miseria: un operaio a stipendio fisso ma delle categorie più basse, poteva guadagnare attorno ai 1600 franchi l'anno e, se aveva famiglia con due figli, ne spendeva 1620 in alimenti. Come provvedere al resto senza il lavoro della moglie, specie poi se era chiamato in servizio attivo, dove riceveva due franchi al giorno? Miseria, dunque, e rabbia contro i profittatori, i pescecani e le autorità incapaci di rendersi conto che il vaso era colmo.

Da fine 1916 gli scioperi si erano susseguiti, in Ticino a partire da quello delle sigaraie di Brissago. Metallurgici di Bodio, cartai di Tenero in primavera del 1918 avevano condotto due lotte importanti, mentre a Bellinzona l'insofferenza della folla verso i commercianti si era tradotta nella distruzione della Centrale del latte a metà marzo. Anche a Lugano diverse categorie di lavoratori erano scese in agitazione quando il licenziamento di tre tramvieri il 27 giugno fece precipitare gli avvenimenti. Il primo e il due luglio lo sciopero si allarga ma rimane centrato sulla questione dei tre licenziati. È il comizio del 3 a trasformare la solidarietà verso i compagni di lavoro in protesta contro la situazione alimentare e i privilegi degli alberghi e dell'"industria dei forestieri", comprese le pasticcerie e le confetterie.

Così, dal 4 in avanti sono le operaie e gli operai disorganizzati a scendere in strada lasciando il luogo di lavoro, raccogliendo la solidarietà anche dei venditori al mercato e della popolazione toccata dalla carenza di beni e dai prezzi eccessivi. Mancavano solo gli organizzati per trasformare il movimento in sciopero generale a tempo indeterminato; è quel che viene deciso nel fine settimana. Il lunedì 8 la città è ferma, i negozi chiusi. Il 9 riaprono gli spacci per consentire l'approvvigionamento della popolazione, ma lo sciopero continua compatto fino a sera, quando si decide di trasformarlo in sciopero parziale e lasciar riprendere il lavoro a quei settori che hanno ottenuto quanto rivendicavano. Da oltre 2000, gli scioperanti calano ad alcune centinaia nel corso della settimana e tutto torna alla normalità il sabato.

Aumenti salariali, riduzioni d'orario, miglioramenti nelle forme assicurative, organizzazione obbligatoria, questi sono i risultati dal lato sindacale. Aumento della razione di riso, arrivo di alcuni vagoni di alimenti da oltregottardo, chiusura del settore pasticceria e confetteria, rappresentanza operaia in seno alla Commissione di controllo dell'Ufficio cantonale degli approvvigionamenti sono quelli dal punto di vista dei problemi alimentari. La situazione evolverà in fretta e in quattro mesi la guerra troverà il suo termine; i risultati ottenuti saranno vanificati da scelte più radicali come le 8 ore o dal subentrare della crisi postbellica, ma non tutto l'aumento di militanti sindacali andrà perduto e lo sciopero di Lugano avrà forgiato i dirigenti del sindacato e del Partito socialista per i decenni a venire: basti ricordare Domenico Visani, Amilcare Gasparini, Francesco Borella.

Mentre l'organizzazione obbligatoria si vede superata dal bisogno di garantire la libertà di associazione, sindacati e padronato trovano un ambito di reciproca collaborazione nei Contratti collettivi di lavoro, che dallo sciopero generale di Lugano crescono fortemente di numero.